6 ottobre 2010

Contessa

Da: Il Sole 24ORE


Il premier: modifica articolo 41 è vera rivoluzione

La modifica dell'articolo 41 della Costituzione sulla libertà d'impresa, al vaglio del governo, è una «vera e propria rivoluzione che darà una spinta molto forte a chi vuole dare vita a nuove iniziative». Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, intervenendo telefonicamente al convegno della fondazione Liberamente in corso a Moniga del Garda (Brescia), è tornato a ribadire l'importanza di ridurre i vincoli a favore della libertà d'impresa. Il premier ha spiegato che l'iniziativa dell'esecutivo farà si che «non prevalgano i nemici della libertà, del bene e dell'impresa». Berlusconi ha , invece, definito «ridicola» la proposta di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie; «Credo di aver reso un buon servizio al mio Paese anche in Europa, con il veto sulla tassa sulle transazioni finanziarie che, se fosse stata approvata solo dall'Ue e non dagli altri grandi Paesi, avrebbe spostato negli Stati Uniti o altrove le transazioni».






Tor Bella Monaca: quartiere popolare alla periferia Est di Roma.

Romolo era seduto accanto al finestrino e osservava il sole ormai basso filtrare a malapena attraverso i vetri sporchi del bus numero 20 che quella sera, come tutte le altre, lo stava faticosamente riportando a casa.
Non poteva fare a meno di pensare che quei raggi, prima di infrangersi sulle lamiere del bus, avevano benedetto gli ultimi bagnanti della stagione estiva sdraiati sul bagnasciuga degli stabilimenti balneari di Ostia, illuminato gli eleganti appartamenti dell' EUR, baciato le terrazze fiorite degli attici che si affacciano su piazza Navona e Trinità de' Monti, scaldato le piscine dei cafoni arricchiti con le loro ville sull' Appia antica e che solo dopo aver sorvolato i quartieri fatiscenti di Torre Maura erano arrivati fino a lui. Immaginò quindi che fosse normale che, dopo un tale viaggio, quei raggi non riuscissero a scaldarlo più di tanto.

Il bus si avventurò per via dell' Archeologia e finalmente Romolo vide il palazzo in cui abitava, un enorme drago di cemento, alto nove piani e lungo quasi due chilometri, un serpentone marino sdraiato a zig-zag sulla campagna ad Est di Roma. Le sue centinaia di finestre luccicavano come squame rossastre e dietro di esse migliaia di esseri umani brulicavano come formiche, ognuno con la sua storia, i suoi sogni e le sue illusioni. Conosceva bene il suo quartiere ed il degrado che lo pervadeva. Sapeva dove le ragazze di strada, poco più che adolescenti, aspettavano i loro clienti, oppure gli slarghi dove si riunivano gli spacciatori. Alcuni di essi erano compagni di scuola di suo figlio e lui era terrorizzato all' idea che Righetto potesse un giorno fare quella fine o che potesse unirsi ad una di quelle bande giovanili che scorrazzavano per il quartiere a caccia di extracomunitari da picchiare, così, soltanto per riempire il vuoto dei pomeriggi in borgata.

Righetto frequentava ora le scuole medie e Romolo lo vedeva molto cambiato rispetto ad un anno prima, sembrava più adulto rispetto alla sua età. Aveva iniziato a vestirsi come tutti gli altri ragazzi del quartiere: jeans larghi portati all'altezza del sedere, berretto con visiera accartocciata, capelli a spazzola. Romolo ricordava ancora i propri anni giovanili, quando lui ed i suoi amici portavano i capelli lunghi, noncuranti degli sguardi critici degli adulti, simbolo di una generazione di sinistra che anelava alla rivoluzione come soluzione radicale alle ingiustizie e allo "sfruttamento del ceto proletario". Ricordava quando una testa rasata identificava il nemico da combattere, lo squadrista di destra da cacciare dal quartiere. Rammentava il suo entusiasmo giovanile, gli ideali che credeva non lo avrebbero mai abbandonato, i cortei ai quali partecipava con i suoi amici cantando canzoni di lotta.
Ed ecco ora come era finita la sua rivoluzione: in un autobus fatiscente, dopo una giornata di lavoro precario sottopagato, con la testa appoggiata al finestrino ed un gelo nell'anima che un sole esausto non riusciva a scaldare.

Gli ci vollero ancora tre fermate, tanto era lungo l'edificio, prima di avvistare le finestre del suo appartamento. Quella della cucina era illuminata, e lui sapeva che Anna, sua moglie, era lì, intenta a stirare mentre attendeva il suo ritorno. Scese dall' autobus e a testa bassa si infilò svelto nel portone, salendo poi a piedi, lentamente, i quattro piani di scale che lo separavano dal suo appartamento, rinunciando all' ascensore, guasto da tempo immemorabile. Giunse dinnanzi alla porta di casa, attese qualche istante e poi, dopo aver indossato il solito sorriso rassicurante, suonò il campanello.
- Ciao papà!! - esclamò la piccola Barbarella saltandogli al collo e coprendolo di baci come faceva sempre quando mirava ad ottenere qualcosa. Tirò un respiro profondo e poi, spalancando gli occhi, iniziò tutto d'un fiato:
- Papà, che me lo compri lo zaino novo? Io ciò ancora quello de dù anni fa che s'è sgarato tutto e poi quella stronza de Pina la compagna mia de banco me l' ha 'mpataccato tutto co' l'inchiostro che io glie l'avevo detto a quella scema de nun mozzicà la penna ma lei gnente così ha scassato er tubbetto e quanno che l' inchiostro gliè finito in bocca ha cominciato a sputa' dappertutto che poi a me m'è annata pure bene che ciò rimesso solo lo zaino ma alla maestra glià macchiato la gonna bona quella verde plissettata.-

Barbarella riprese fiato per un attimo, poi continuò:
-Hai da vede che faccia ha fatto la maestra, sembrava che glie stava a di' li mejo morti pe' telepatia! Capirai, glie doveva piace' veramente quella gonna, visto che se la metteva quasi tutti i giorni. Comunque, secondo me, ciaveva solo quella de gonna, pure perché se lamenta sempre che pija 'no stipendio da fame pe' corpa de ... come dice? Ah si, "quella zoccola der ministro" ... a proposito papà, ma che è un ministro? -
- Lassa perde, Barbarè, che papà te lo compra lo zaino novo, nun te preoccupa'. Però tu cerca de anna' bbene a scola e de nun di' parolacce, capito?-
-Grazzie papà! Nun te proccupa' ché io so' brava a scola e poi cor ciufolo che me ce metto più allo stesso banco co' quella triglia rincoglionita de Pina.-
Romolo non ce la fece a trattenere un sorriso, stavolta sincero, e si diresse verso la cucina.

- Ciao Romole'! - lo salutò sua moglie con la consueta allegria - Tutto bene?-
- Tutto a posto Nannare'. E Righetto? Com'è che nun sta a gioca' co' la playstation come ar solito? Che deve ancora fini' li compiti?-
- No, li compiti l'ha fatti. Solo che se vergogna de fasse vede' perché a scola l' hanno sospeso pe' un giorno. -
- L'hanno sospeso?! E perché? -
- Pare che s'è menato co' un compagno de scola e l'ha corcato de brutto, ma nun m'ha voluto racconta' er motivo. -
- Lo so io perché! - esclamò Romolo, - Perché sta a diventa' un bullo come tutti i ragazzi de 'sto quartiere, ecco perché, ed é tutta corpa mia che ve ciò portati a vive... Ma mò me sente! -

Aprì la porta della stanza dei ragazzi e nella penombra vide la sagoma di suo figlio, seduto accanto alla finestra, che osservava pensieroso la strada.
- Allora?- esordì Romolo, - che é mò 'sta novità? Te sei messo a mena' le mani come un teppistello da du' sordi? E' questo che t'ho 'mparato?-
- No papà, nun è così... ecco... è stata corpa ... der 41.-
- De che? Ma che me stai a pija' per culo? Guarda Righe' che nun è aria, che a quest' ora a me nun me va proprio de scherza'!-
- Mò te spiego. Vedi, la professoressa de italiano oggi cià parlato della Costituzzione, del fatto che fu scritta dopo la caduta der fascismo coll'intenzione de evita' che potesse torna' 'no stronzo a di' che commanna tutto lui. Poi cià spiegato pure che quei capoccioni, li padri della Costituzzione, nun hanno penzato sortanto a dettare i principi di base, er diritto ar lavoro, alla salute, all'istruzzione, all' informazzione, alla possibbilità de radunasse pe' parla' de politica e de tutto quello che te pare, alla legge uguale pe' tutti, ma hanno pure escoggitato dei sistemi di autoprotezzione della Costituzzione stessa, come nei firm de Indiana Jones, proprio pe' evita' che un giorno arivasse 'na testa de cazzo qualsiasi che, credendose de esse n'artro Musolini, potesse di': "Mò cambio la Costituzzione e faccio come me pare!"
Pe' questo la Costituzzione pò esse cambiata solo dar Parlamento co' la maggioranza de du' terzi, o sinnò deve esse cambiata dar popolo co' un referendum...-
- Guarda Righe' che a scola ce sò annato pure io e la conosco la storia della Costituzzione!-
- Sì, ma io nun la conoscevo! Me penzavo che fosse 'na cosa noiosa scritta da quattro vecchi rincoglioniti, e invece erano proprio furbi come fiji dé 'na mignotta!-
- Avevano fatto la Resistenza, Righe'. Avevano visto che brutta faccia ciaveva la dittatura e come era stata ridotta l' Italia, perciò se la so' studiata bene prima de promurgalla. Ma che c'entra questo co' la storia de 'sto 41 e co' la rissa?-
-Er 41 sarebbe st'articolo qua...- e aprendo un libricino iniziò a leggere, schiarendosi la voce:

"L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. "

- Me pare giusto, - commentò Romolo - vor dì che ogni persona cià il diritto di soddisfare il proprio bisogno di migliorare e svilupparsi come meglio vuole, utilizzando le proprie capacità, ma che i modi che sceglie non devono essere però in contrasto con il bene della collettività e dei singoli che la compongono, visto che é nella collettività, cioé nello Stato, che lui opera, sinnò torneremmo alla legge della giungla dove chi cià li denti più lunghi magna e poi a furia de magna' tutti l'artri, se morirà de fame perché c'è rimasto solo lui. Ma che c'entra questo co' la sospensione?-
- C'entra perché la professoressa, pe' spiegacce come se pò cambia' la Costituzzione, ha fatto l' esempio de 'sto articolo 41, che quelli che stanno ar governo vorebbero cambia', pe' stimola' la libbera impresa, dicheno loro. -
- A Righe', tu lo sai come la penso io su sto governo, no? Perciò, si vogliono cambia' st'articolo, sta sicuro che c'é la fregatura pe' chi lavora.-
- E' quello che ho detto pure io! Già Tremonti ha cominciato a di' che la legge 626, quella sulla sicurezza sur posto de lavoro, é un lusso che nun se potemo più permette. Adesso vonno modifica' pure la Costituzione co' la scusa che così é più semplice apri' un'attività, come si la burocrazia esistente fosse corpa della Costituzzione e non delle leggi che fanno loro. Ma te l'immaggini che pacchia pe' la mafia pote' ricicla' i capitali sporchi in imprese senza controlli? Qui co' la scusa della concorrenza della Cina, vonno fa' piazza pulita dé tutti i diritti che i lavoratori se so' guadagnati nell' anni! -
Romolo guardò suo figlio attonito. Non lo aveva mai udito pronunciare simili discorsi. Lo aveva lasciato un bambino dedito ai videogiochi e lo ritrovava un ragazzo con una maturità inaspettata. Come aveva fatto a perdersi quel passaggio, dove era lui mentre suo figlio scopriva se stesso?
- Righe', so' tutte cose giuste quelle che hai detto, ma nun m'hai ancora spiegato perché te sei menato co' quell' artro ragazzo.-
- Quello è er fijo der costruttore, quello ammanicato ar Comune. Quanno m'ha sentito che dicevo quelle cose, ha detto davanti a tutti che parlavo così solo perché ero fijo de n'operaio sfigato e scanzafatica capace solo de sciopera'.
Allora ho visto tutto rosso, così gliò dato 'na crocca in bocca e glie sò salito sopra co' li piedi. La professoressa voleva mette tutto a tacé, ma poi é entrato er preside e... er resto lo sai.-

Romolo esitò, un turbinio di sensazioni gli avevano bloccato i pensieri. L' unica cosa che riuscì a dire con un filo di voce fu:
- Sì l'hai fatto pe' me, hai sbagliato e nun lo fa più. Ma sì l'hai fatto pe' un principio...-
Non terminò la frase. Uscì barcollando dalla stanza e, all' improvviso, esclamò a voce alta:
- Nannarè, ragazzi, vestiteve bene che stasera ve porto a cena in trattoria! Sbrigateve, che io v'aspetto de sotto! -
Si chiuse la porta alle spalle inseguito dai gridolini di gioia di Barbarella e dalla voce allegra di Anna che incitava Righetto a fare presto.

Uscì nella strada. Il sole rosso del tramonto lo inondò di luce e Romolo sentì stranamente un calore invaderlo come da tempo non ricordava. Il suo quartiere gli si rivelò improvvisamente splendido e abitato da gente perbene .

Si sedette sulla panchina in mezzo al giardinetto spelacchiato e, alzando lentamente il pugno verso il cielo, ad occhi socchiusi liberò dal suo cuore, dopo tanti anni, le parole di una vecchia canzone.

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