7 maggio 2012

2057

Da: La Repubblica.it
Fmi, "nessun investimento è sicuro".
La longevità mette a rischio i bilanci degli Stati.


Secondo il Global Financial Stability Report, nemmeno i bund tedeschi o i bond americani possono essere considerati asset sicuri. L'aumento dell'aspettativa di vita delle persone potrebbe incidere sugli enti previdenziali e sui conti degli Stati."

Da: Corriere.it
Si suicida dopo il taglio della pensione

La donna, 78 anni, si era vista ridurre l'assegno di 200 euro."

Era iniziata così, con quel commento del Fondo Monetario Internazionale al telegiornale, ascoltato durante una serata in casa fra amici e seguito da una risata generale accompagnata da gesti scaramantici e battute ironiche. Avevano meno di trent'anni, Mario e i suoi amici, e non avrebbero certo riso tanto se avessero potuto vedere ciò che sarebbe successo in seguito. Quarantacinque anni dopo, Mario si era trovato a vivere, insieme a sua moglie Luisa, in uno dei "Centri Nazionali di Ottimizzazione e Riabilitazione" della sua città, i CNOR, come erano chiamati. Questi erano strutture statali, nate alcuni anni prima per iniziativa del Ministero per la Salvezza Economica della Nazione e ricavate nelle caserme abbandonate, negli ospedali in disuso o nelle scuole ormai deserte, dove tutti coloro i quali avevano concluso la loro attività lavorativa, la loro fase attiva, come veniva definita, venivano "invitati" a recarsi, per passare l'ultima parte della loro vita in maniera ottimizzata, evitando di gravare eccessivamente sul bilancio statale. Antonio ricordava bene come si era arrivati a quel punto, con la tremenda crisi economica e i governi di emergenza nazionale che si erano succeduti, sempre più feroci e sempre più in mano alle lobbies delle banche d'affari e dell'alta finanza. Avevano tagliato di tutto, dalla scuola all'assistenza sanitaria, svenduto il patrimonio culturale e quello demaniale, privatizzato l'acqua e persino le forze di polizia erano state sostituite da società private di security. L'obbligo dell'istruzione scolastica al di sotto dei quattordici anni era stato abolito, perché l'immissione di giovanissimi nel mondo del lavoro, dicevano, avrebbe prodotto una riduzione del costo del lavoro e un immediato benefico effetto nella concorrenza ai paesi asiatici.

Ma il meglio di loro stessi l'avevano profuso con le pensioni. Avevano valutato che mantenere milioni di cittadini al termine della loro fase attiva, con l'età media che si innalzava sempre più, era un lusso che lo stato non si poteva più permettere: la crescita del PIL nonchè la necessità di mantenere l'equilibrio finanziario e la remunerazione degli investitori nazionali ed esteri richiedevano una riorganizzazione dell'intero sistema. Per questo motivo fu emanata la "Legge sull'ottimizzazione abitativa e la riabilitazione generazionale". In base a tale legge, la proprietà di una abitazione decadeva al momento del pensionamento di un individuo e lo stato subentrava nel possesso della casa, che veniva immediatamente rivenduta e il ricavo utilizzato per ridurre il debito contratto nei decenni precedenti con il Fondo Monetario Internazionale, ai cui vertici sedevano i membri di quelle stesse banche d'affari che ora controllavano i governi locali. E i vecchi proprietari? Lo Stato non poteva certo lasciarli per strada, quindi la legge sull'ottimizzazione abitativa prevedeva la costituzione dei suddetti CNOR, nei quali gli anziani venivano coattivamente accompagnati e ospitati a spese dello Stato il quale, a titolo di rimborso spese, tratteneva per sé la pensione dei degenti. Il tutto era stato completato da una propaganda continua sui media, dove alle generazioni precedenti veniva addossata la colpa della crisi economica che aveva devastato la nazione. Il conflitto generazionale era divampato feroce e oramai era frequentissimo vedere automobili fermarsi sulle corsie di emergenza delle autostrade e anziani con i capelli bianchi e l'aria smarrita essere spinti fuori dalla vettura. Quest'ultimo dolore fu risparmiato a Mario e Luisa, che non avevano avuto figli, ma non riuscirono comunque a scampare all'internamento in uno dei CNOR della loro città.

Mario non riusciva a sopportare quell'ambiente, quelle camerate da venti letti in cui erano costretti a vivere in maniera promiscua. E i pasti nella mensa comune e le interminabili sedute in sala TV, dove venivano trasmessi continuamente programmi a quiz demenziali, soap operas e talk shows che Mario non riusciva a comprendere. I telegiornali raccontavano di continuo dei progressi economici raggiunti e delle nuove quote di mercato strappate ai paesi concorrenti, il tutto accompagnato da grafici che mettevano al confronto la situazione attuale con quella di un tempo. E poi la pubblicità, spot continui su nuovi investimenti finanziari, assicurazioni sulla vita, acquisto di quote azionarie, depositi bancari miracolosi, buoni del tesoro, certificati di credito, obbligazioni vincolate, prodotti derivati e strutturati, commodities, futures, hedge funds, equity swaps, credit default swaps. Se avessero potuto, Mario e Luisa se ne sarebbero andati da tempo da quel luogo, ma non era semplice, con la security che controllava il perimetro del CNOR per evitare che la gente fuggisse e loro che non avevano più l'agilità di un tempo. Cosi gli anni passavano e vedevano gente morire e nuovi ospiti arrivare.

Un giorno avvenne quello che prima o poi doveva accadere e sul quale c'era stato da tempo un accordo fra Mario e sua moglie. Avrebbe potuto toccare a lui, ma invece fu Luisa che morì per prima e Mario aveva posto in opera il piano che avevano ideato insieme. I morti venivano lasciati in una piccola saletta, dove rimanevano fino a poco prima dell'alba, quando venivano portati via per evitare di farlo di fronte a tutti gli altri degenti. Così Mario, quella notte, mentre tutti dormivano, si era recato nel piccolo obitorio e, con l'aiuto di una sedia a rotelle, aveva trasportato il corpo di Luisa nel proprio letto, le diede un bacio e lo coprì bene con le coperte. Poi tornò nella stanzetta, si infilò nel sacco mortuario dove era stata posta sua moglie e chiuse la cerniera lampo dall'interno. Gli addetti delle pompe funebri non si accorsero di nulla e quando, dopo averlo trasportato nel locale di transito del cimitero comunale dove avrebbero cremato il corpo poco dopo, lo lasciarono da solo per andarsi a bere un caffè, Mario si liberò del sacco, uscì in strada e salì sul primo autobus. Non sapeva cosa avrebbe fatto, né dove sarebbe andato, sapeva solo che c'era il sole, che era libero e che piangeva, stringendo fra le mani la foto di Luisa in abito da sposa.


14 marzo 2012

La ricetta



Da: Il Giornale.it

Genova, 15 Marzo 2011

Erzelli, il parco scientifico che deve già vincere la crisi

A Genova sorgerà il Parco Scientifico e Tecnologico più grande d'Europa ma serve «certezza per le risorse necessarie alla completa realizzazione del progetto». Così il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando intervenendo alla presentazione sullo stato di avanzamento dei lavori di quella che già in molti chiamano la «Silicon valley» italiana."


Da: La Repubblica.it

Genova, 3 Marzo 2012

Erzelli, il ministro firma
Via al trasferimento di ingegneria

L'annuncio durante l'inaugurazione dell'anno accedemico. Assente il ministro all'Università, il protocollo è stato presentato dal capo di Gabinetto del dicastero. Anche il ministero dello Sviluppo Economico, con un differente documento già trasmesso alle istituzioni genovesi, ha legittimato l'arrivo di Ericsson e di Siemens sulla collina alle spalle dell'aeroporto."



Tor Bella Monaca: quartiere popolare alla periferia Est di Roma.

Il sole tramontava sui palazzoni di Tor Bella Monaca e inondava di luce rossa e di calore la cucina dove Anna si accingeva, come sempre, a preparare qualcosa per cena. La vita scorreva per Anna sempre seguendo lo stesso itinerario, la solita routine. A volte rimpiangeva il tempo in cui aveva un lavoro e la possibilità di allargare il proprio orizzonte oltre le mure domestiche, ma poi aveva fatto una scelta di vita, quella di dedicarsi pienamente alla crescita e all'educazione dei propri figli. Sarebbe stato troppo pericoloso, pensava, in un quartiere come quello, lasciare i propri figli allo sbando. Ed ora non si lamentava della scelta fatta. Certo, si faceva sempre più complicato far quadrare i conti con un unico stipendio, ma la maniera in cui Barbara ed Enrico, il suo Righetto, stavano crescendo, la ricompensava di tutto.

In questi pensieri era assorta Anna, mentre affettava una cipolla, quando la porta della cucina si aprì e lentamente fece capolino Barbarella con una espressione seria seria.
- A mà,-, esordì, - ma che papà nun sta bene? -
- Come sarebbe a dì che nun sta bene? - chiese Anna con apprensione - Che cià? -
- No, gnente, è solo che sta dellà, in sala, che sta a scrive quarcosa e mentre che scrive parla da solo e sghignazza, e poi se capisce pure che sta a dì un sacco de parolacce, tipo "...onzi", "...nculo", "...gnotte"... -
- Barbarè, le parolacce nun se dicheno, manco raccontate e manco a pezzi, capito! Mo' vado a vedé io che succede... -

Romolo era seduto nella penombra serale, al tavolo della sala da pranzo, l'unico tavolo che poteva usare anche come scrittoio, oltre a quello della cucina. Di fronte a sè, il suo portatile e un foglio di carta, sul quale era vergato un lungo elenco, e man mano che Romolo trovava su Internet quello che cercava, quell'elenco si allungava, accompagnato da un mormorio che Romolo emetteva fra sé e sé.
- Dunque, per l' ulcera c'è il Ranidil, 15 euro per 20 compresse fa circa 270 euro l'anno, per 40 anni fa 10800 euro. E già, l'ulcera è rognosa e bisogna tenerla sotto controllo... - e un'altra riga si aggiungeva alla già lunga lista.
- Poi, orticaria cronica, terapia a base di Clarityn. C'è sia in compresse che in pomata...meglio le compresse: confezione da 20 a 8 euro e 80, diviso per 365 e moltiplicato per 40 anni fa... 6424 Euro. Poi ci vuole un bel gastroprotettore, diciamo un Lansoprazolo... - Romolo effettuò l'ennesima ricerca ed emise il verdetto - ... altri 10000 Euro! - e aggiunse la cifra sul foglio emmettendo un risolino soffocato.

- A Romolé, ma che stai a fà!? - intervenne Anna, sedendosi accanto al marito e allungando il collo verso il foglietto sul tavolo.
- Sto a fà du' conti, Nannaré. -
- Conti de che?- chiese Nannarella sempre più incuriosita.
Per tutta risposta, Romolo la passò un foglio di giornale, di qualche giorno prima, sul quale un trafiletto era stato evidenziato con un pennarello rosso:
"Sbloccati dal governo i finanziamenti per il trasferimento della Magnusson agli Erzelli: 34 milioni di Euro"
- Meno male!- commentò Nannarella - Vor dì che danno un po' de sòrdi alla società tua, no?-
- Certo!- replicò Romolo - Certo che glie li danno li sòrdi, finalmente! Ma lo sai che sòrdi so', quelli? Te lo ricordi quanno che ce chiusero er centro de ricerca a Roma?-
- Certo che me lo ricordo, a Romolé, ma so' passati quattro anni ormai!-

- Lo sai che c'è? Che a me me sembrano quattro giorni! Te ricordi quanno che annammo tutti a via Veneto, sotto er ministero, pe' parlà co' Scajola, pe' vede' se er governo ce poteva aiutà a trovà 'na soluzione co' l'azienda?-
- Come no! Ce so' venuta pure io. Semo stati là sotto otto ore ad aspettà e poi la delegazione è uscita dicendo che Scajola nun l'aveva ricevuti perché nun c'era o forse ciaveva da fà, nun s'è mai capito bene.-
- Esatto, e mo' finalmente ho capito. In realtà l'avevo intuito, ma adesso è ufficiale, c'è la cifra. Nun sai quanto l'avevo cercata 'sta cifra!-
- Cioè?- chiese Anna, sempre più incuriosita.
- Cioè, mentre noi stavamo là sotto, col cappello in mano, co' la speranza che er ministro potesse intercede pe' noi, mentre pranzavamo co' un pacchetto de cracker e se respiravamo tutto lo smog del centro de Roma, Scajola stava a Genova a regalà 34 milioni de euro de sordi nostri pe' convince l'azzienda a fa' da apripista a trasferisse sulla collina, perché sennò er proggetto degli Erzelli falliva e nun se sarebbero smossi tutti li miliardi che ce stanno dietro, cazzo!- esclamò tutto d'un fiato Romolo, sempre più paonazzo in volto.

- A Romolè, ma questo se sapeva già. Gli intrallazzi ce so' sempre stati, e continueranno a esserci, de che te stupisci? E poi pensa comunque che per quelli di Genova magari è un'opportunità. In fondo, anche se realizzeranno la metà di quello che dicono, quello sarà un centro tecnologico, che fornirà sviluppo e lavoro. Hai visto mai che un giorno i figli nostri non vadano a lavorà proprio là? E allora perché te la prendi tanto? E che c'entra questo co' sta lista su sto foglio?-
- C'entra, c'entra. Er fatto è che oggi al lavoro voci indiscrete, e perciò vere, hanno fatto trapelare che pe' chiude er centro de Roma, il nostro caro direttore e la capa der personale se so' beccati la bellezza de' cinquecento mila euro uno e trecentomila l'artra come premio de' risultato, capito? Cioè, io nun posso fà a meno de pensà che una parte de quei trentaquattro milioni de' sordi nostri se li so' intascati i nostri capi pe' facce la festa! E allora mo' sto a fa' du' conti.-
- Si, ma che conti so'?- chiese Nannarella sempre più preoccupata.
- Sto a carcola' quante medicine ce se possono comprà, da oggi fino a quanno morono, diciamo fra quarant'anni. Perché io mica glie auguro la morte, anzi. Io glie auguro una lunga vita, lunghissima, così lunga che quei sordi se li devono spende tutti in medicine. So' arrivato già a una bella cifra, guarda qua. Ce so' medicine pe' li reumatismi, pe' l'esaurimento nervoso, l'artrite reumatoide, l'herpes, la lista è lunga... Me mancano ancora cinquantamila euro, ma nun ce metto molto.-

Anna era attonita, muoveva lo sguardo dal foglio a suo marito e poi di nuovo al foglio, incapace di credere a quello che aveva appena ascoltato.
- Romolo, a Romole'!- esclamo' infine Anna - Ma che stai a di'? Ma te rendi conto de quello che dici? A Romolo, tu nun sei così, tu sei diverso. Io nun t'ho mai sentito augurà der male a nessuno, questa è la prima volta!- Romolo, te prego, falla finita.- lo supplicò ancora Anna, accarezzandogli il viso, mentre le lacrime le offuscavano la vista.
- Te lo ricordi quello che diceva la pora mamma? - continuò - Nun augurà mai der male a nessuno, diceva, perché sinno' te se ritorce contro. E questo è quello che succederà, Romolo. Qui va a finì che quello che s'ammala sei tu e loro se ne vanno tranquilli in vacanza alle Maldive! E se t'ammali tu, noi poi che famo, co' che campamo? Li regazzi so' ancora piccoli e a me, a cinquant'anni, chi me se pija a lavorà? E poi tu sei Romolo, quello bono, quello comprensivo, quello sensibbile, tu nun sei 'sto Romolo qua, che campa de odio e de rancore! Romolo, la vita va avanti e la malattia nun se augura a nisuno, manco ar peggiore nemico!-

Questo disse Anna a suo marito, mentre le lacrime si erano ormai aperta la strada lungo le guance. Romolo rimase in silenzio per un po', con lo sguardo fisso su quel foglio di carta, pieno di segni ormai senza senso, illuminato ormai soltanto dalla fredda luce del monitor. Poi prese l'elenco e con cura meticolosa iniziò a strapparlo in pezzetti sempre più piccoli.
- Scusame, Nannare', nun so che cosa m'ha preso. E' che sto sempre a pensà là, e nun me posso sfogà co' nisuno. Quei pochi colleghi che so' rimasti a Roma, ormai se so' adattati alla situazione e gli altri, l'amici de 'na vorta, chi li vede più ormai.-
- Lo so, a Romolé, ma vedi de nun daje pure 'sta soddisfazzione, a quelli, eh? Campa tranquillo, che noi de vita ciavemo solo questa, e la dovemo usà bene. Mo' famme anna', che ciò l'involtini sul fuoco, quelli che te piaciono tanto.-

Anna lasciò la stanza, con Romolo che osservava pensieroso i nugoli di storni che disegnavano nuvole nel cielo della borgata, quando la porta si socchiuse ed entrò Barbarella che ando' diretta ad accovacciarsi sulle ginocchia del padre.
- Papà?- esordì la piccola.
- Che dici Barbare'?-
- Ma è vero che, quando uno cià er mar de panza, che te viene la cacarella a fischio, che se nun te sbrighi a core al cesso te la fai dentro le scarpe, è vero che se te piji un po' de succo de limone, poi te passa?-
- Di solito si, Barbarella. Il limone ha un effetto astringente, come dicono quelli che ne capiscono. E poi crea un ambiente acido che è ostile per i batteri che ti fanno venire il mal di pancia- spiegò Romolo, cercando come al solito di non usare il dialetto con sua figlia, che era già troppo influenzata dal romanesco comunemente parlato fra compagni di classe.

- Ho capito e... senti papà,- incalzò Barbarella - ma co' cinquecento mila euro, quei capi tuoi, quanti limoni ce se potrebbero comprà?



12 marzo 2012

Il Prius

Da: Repubblica.it

Bruciò l'albero "Senatore" (3.500 anni): arrestata
La polizia della Florida ha arrestato una donna di 26 anni con l'accusa di aver provocato un incendio che ha incenerito un cipresso vecchio di 3.500 anni. La conifera, soprannominata "il Senatore", era considerata come il quinto albero più vecchio del mondo ed era alto 54,8 metri."



So che un frassino s'erge
Yggdrasill lo chiamano,
alto tronco lambito
d'acqua bianca di argilla.
Di là vengono le rugiade
che piovono nelle valli.
Sempre s'erge verde
su Urðarbrunnr.

Io ero il Prius. Io c'ero prima. C'ero quando Hammurabi regnava su Babilonia con la legge dell'occhio per occhio dente per dente. C'ero quando gli israeliti piangevano mentre Nabuccodonosor distruggeva Gerusalemme e il suo Tempio. C'ero quando Alessandro Magno conquistava l'impero persiano a cavallo del suo fido Bucefalo e quando Ottaviano stese il mantello di Roma sull'impero più vasto mai conosciuto. C'ero quando la testa di Maria Antonietta cadeva nella cesta guardando stupita negli occhi quelli di suo marito, che lì già l'aspettava. C'ero quella domenica di Gennaio, quando lo zar Nicola II massacrava il suo popolo e c'ero quando il suo sangue e quello di tutta la sua famiglia si sparse per i gradini del Palazzo d'Inverno. Io c'ero quando un imbianchino convinse gli esseri umani a massacrarsi nel mondo e c'ero quando quel fungo di morte si innalzò sulle città del Giappone. Io, discendente dell'albero cosmico, c'ero prima di tutti, vidi gli dei scendere da Asgard, cavalcando lungo il Bifrost e udii le profezie della veggente.


Il sole si oscura
la terra sprofonda nel mare,
scompaiono dal cielo
le stelle lucenti.
Sibila il vapore
con quel che alimenta la vita,
alta gioca la vampa
col cielo stesso.


C'ero, e sopravvissi a mille folgori e cento tempeste, ad alluvioni e siccità, offrii riparo a qualunque essere vivente ne avesse bisogno ed ora eccomi qua, il Prius, il figlio di Yggdrasil, nato dai capelli del gigante Ymir, ridotto ad un ceppo fumante, un tronco annerito, buono soltanto per i funghi. Prendermela con chi ha appiccato il fuoco? Come potrei provare rancore verso un essere di così poco valore, al mio confronto? Sarebbe come detestare il virus che causa una mortale malattia. Oppure dovrei forse incolpare il destino? O qualche dio del mondo dei Vanir? No, in realtà era tutto già scritto e la veggente è stata chiara. Arriverà il Ragnarök e le forze dell'ordine e quelle del caos si affronteranno e si annienteranno a vicenda. Poi Surtur, il gigante del fuoco, scenderà da Múspellheimr con la sua spada di fiamma e incendierà la Terra, e le fiamme si alzeranno fino al cielo.


Affiorare lei vede
ancora una volta
la terra dal mare
di nuovo verde.
Cadono le cascate,
vola alta l'aquila,
lei che dai monti
cattura i pesci.


Ma Lif e Lifbrasir si rifuggeranno nel bosco di Hoddmimir e allora ci sarà la rinascita, un nuovo mondo nascerà dalle ceneri del vecchio, la prosperità e l'abbondanza torneranno, non vi saranno più né fatica, né miseria, né vecchiaia, né malattia. Non vi sarà bisogno di coltivare la terra, perchè ogni genere di pianta nascerà spontaneamente, nè di viaggiare continuamente in cerca di cibo, perche ve ne sarà in abbondanza. Forse anche io tornerò a rivivere, se uno dei miei semi si salverà e Yggdrasil tornerà a sorreggere i nove mondi e ad unire il cielo e la terra per l'eternità.
Ma la mia più grande soddisfazione, il mio più appagante conforto, quello per il quale pagherei qualunque prezzo, fosse anche la rinuncia alla mia resurrezione, sarà che in questo nuovo mondo, in questa età dell'oro, in questa terra di eterna felicità, non ci sarà più posto per quella STRONZA FORUNCOLOSA che non ha trovato niente di meglio da fare che accendere un fuoco sotto il culo di un albero di 3500 anni!



6 marzo 2012

La pietà del fuoco

Da: Corriere.it

Video choc: monaca tibetana si dà fuoco


Per protestare contro la repressione cinese. Il Dalai Lama preoccupato: "Sacrifici inefficaci"





Di solito non uso soffermarmi sul mio lavoro più del tempo necessario a compierlo, normalmente lo svolgo e basta, a volte con calma, a volte con rabbia cieca, altre volte ancora con tutta la furia distruttrice che riesco ad esprimere, ma appena l'ultima scintilla si è spenta e arriva il silenzio a stendere il suo sudario sul mio operato, allora la mia collera si placa e nulla rimane in me di ciò che è avvenuto, se non un vago senso di soddisfazione misto ad una impaziente bramosia di una nuova preda. D'altra parte, perché dovrei tenere memoria delle mie imprese, se non so nemmeno io quando è iniziato il mio lavoro, né quando mai terminerà. Io non sono come la Morte, che conserva l'elenco di tutti coloro che ha mietuto, sin dall'inizio del tempo e che conosce il nome di tutti coloro che mieterà, compresi quelli che ancora non sono nati. No, io sono solo uno strumento, un esecutore: vengo chiamato, faccio il mio lavoro con zelo e, una volta terminato, aspetto il prossimo incarico.
Eppure, stavolta non riesco a togliermela dalla mente, non posso fare a meno di pensare a lei, a quella figura esile, ma forte, a quel sorriso tranquillo e a quegli occhi scuri e penetranti che mi osservavano arrivare, non inaspettato, come di solito accade, ma atteso, invocato. E ciò che trovai in quegli occhi neri destò la mia attenzione. Lessi di una vita non vissuta, di una voglia di riscatto, della convinzione che un minuto di coraggio avrebbe compensato tutto ciò che una vita intera non avrebbe potuto offrirle. Quella ragazza aveva compiuto il suo percorso, aveva scoperto il dolore e ne aveva compreso l'origine, sapeva che la sofferenza poteva cessare e aveva trovato la strada che porta alla fine del dolore.
Tutto questo lessi in quegli occhi sereni e fu proprio questo che frenò la mia furia, la mia irruenza. L'accolsi fra le mie braccia con tutta la dolcezza di cui fui capace, le asciugai le lacrime e l'innalzai al cielo tanto vicino in quei luoghi, cullandola dolcemente, fino a quando non si addormentò per sempre.

Quegli occhi, ora, non posso dimenticarli. E quello sguardo, quello sguardo io l'ho già visto, tanti anni fa, e da allora è rimasto impresso nel mio cuore di brace.


9 gennaio 2012

Blues di fine anno






"Sometimes I feel like a motherless child..."

Non so cosa mi spinga ad arrivare sempre troppo in anticipo agli appuntamenti. No, non è un errore di calcolo dei tempi di percorrenza, potrei stimare al minuto quanto mi ci vuole ad arrivare in qualunque buco di culo di posto nel mondo. E nemmeno il timore che un intoppo improvviso mi faccia fare tardi. Anzi, non credo che me ne fregherebbe un cazzo di fare tardi. In realtà, non credo che me ne fregherebbe un cazzo di niente! Eppure, anche questa sera sono arrivato con quasi un'ora di anticipo, ho trovato con calma un parcheggio, tranquillo, isolato, e ho acceso la radio...

"... sometimes I feel motherless child..."

Allungo la mano verso il taschino, ma non trovo le mie sigarette. Porca troia, ho smesso di fumare quasi quindici anni fa, ma non ho ancora smesso di cercare le mie sigarette. A cosa serve smettere di fumare, se non si smette di averne voglia? Dicono che smettere fa bene alla salute. Probabilmente è così. A proposito, ho letto da qualche parte che, statisticamente, quella dei 69 anni è l'età spartitraffico tra lo stare bene in salute e l'iniziare a stare male. Non posso fare a meno di pensare che andrò in pensione a 67 anni, e che in due anni dovrò spararmi tutte le cartucce che mi rimarranno, ammesso che mi sia rimasta la voglia di farlo.

"Sometimes I feel like a motherless child..."

Ci sono già stato da queste parti, certo che ci sono stato, ora mi ricordo bene. Laggiù c'è quel campetto di calcio dove mi allenavo con la mia squadra, da adolescente. Giocavo in porta, ero svelto, saltavo come un gatto. Non avevo mica paura di grattugiarmi sulla terra battuta, io! Anche perchè campi in erba non ce ne erano, a quel tempo, e le croste sulle ginocchia e sui gomiti erano come medaglie al valore. Ero forte in porta, sì, finchè si giocava fra amici. Ma poi, quando una squadra mi tesserò per fare sul serio, la prima partita ufficiale la giocai solo un tempo, poi crollai come un palloncino sgonfiato. Il primo tempo era terminato sullo 0 a 0, ma mi rifiutai di rientrare in campo, mi feci la doccia, e non mi feci più vedere da queste parti. Non mi divertivo senza amici.

"... just a long, long way from my home ..."

E' ora, spengo la radio e scendo dall'auto. Fa freddo, mi avvio verso l'ingresso del ristorante, con le parole di quello spiritual che mi frullano in testa. Anche quest'anno, nonostante tutto, nonostante le nostre strade abbiano preso direzioni diverse, nonostante i chilometri che ci dividono, nonostante sia sempre più difficile metterci d'accordo, non mancheremo al rito, la vecchia abitudine di farci gli auguri per il prossimo anno. Certo che, di questi tempi, forse sarebbe meglio limitarsi agli auguri per il prossimo trimestre. I vecchi colleghi, i vecchi amici di una volta, di nuovo a sparare cazzate davanti ad una pizza margherita o ad un antipasto misto, per festeggiare la fine di un anno del cazzo e l'inizio di un'altro. Cristo, quanto mi siete mancati!

"... long, just a long, long way from my home."

Sembrano tutti allegri, si scherza, ci si prende in giro come una volta, e come tutti gli anni si raccontano i soliti aneddoti, sempre gli stessi, con le mogli che ci osservano e si scambiano i soliti sguardi di compatimento. E' per questo che vengo da solo. In attesa che il cameriere ci serva, sono già alla terza birra, come sempre. Lo so che è questo che si aspettano da me, ed è per questo che lo faccio. Una volta mi divertivo a recitare la parte, ma oggi non mi sento allegro come allora. Avverto qualcosa di diverso negli altri, qualcosa che li accomuna e li avvicina, ma che a me mi separa. Come diavolo faccio a togliermi questa fottuta musica dalla testa?

"Sometimes I feel like I'm almost gone..."

Si è fatto tardi, è ora di salutarci. Ciao, ci vediamo alla prossima. Certo, come no! Cerchiamo di sentirci prima, comunque. Teniamoci in contatto, magari ci vediamo per bere qualcosa. Ma certamente, lo sai che quando si tratta di bere sono sempre a disposizione. Senti, noialtri esiliati ci teniamo in contatto su Facebook, ma tu ci sei? No, io no, non lo uso, non mi ispira, mi sembra come andare al ristorante e mangiarmi il menù, preferisco incontrarvi una volta l'anno. Vabbè, ciao allora, auguri e saluti alla famiglia! Sì, ciao a tutti, ciao.



Salgo in macchina, ma non andrò subito a casa, non ho fretta, ho solo bisogno di riaccendere la radio per togliermi quella cazzo di canzone dalla testa!

"... a long way from my home"