27 dicembre 2016

3 dicembre 2016

La nuova Resistenza




Io voto no, perché voglio difendere questa Costituzione. Voglio difendere questa Costituzione, perché è nata da chi ha visto in faccia lo spettro della guerra e della dittatura fascista, con lo scopo primario di evitare che quegli orrori si ripetessero.

Io voto no, perché voglio difendere l'Articolo 1, perché credo veramente che l'Italia debba essere fondata sul lavoro, e non sul precariato, il lavoro interinale, i CO.CO.CO, i CO.CO.PRO, i voucher, il job act, che hanno distrutto lo Statuto dei Lavoratori.

Io voto no, perché credo veramente che la sovranità debba appartenere al popolo, che la esercita con il voto diretto. Si,lo so che è un po' di tempo che questa è solo un'illusione, ma voglio almeno che rimanga scritto chiaramente in tutta la mia Costituzione. Voglio che rimanga scritto chiaramente, affinché non abbiano nessun alibi per le porcate che hanno fatto e che faranno.

Io voto no, perché questa Costituzione è un meccanismo magnifico, è resiliente, è resistente, è trasparente. E' un orologio che non ha bisogno di essere caricato e che segna sempre l'ora giusta, sincronizzato sul fuso della Verità. Non voglio un tarocco, con le lancette regolabili secondo i capricci dell'usurpatore di turno.

Io voto no, perché la mia Costituzione non ha colpa per la crisi, per gli effetti della globalizzazione, per la corruzione, per i truffatori, gli approfittatori, gli evasori, gli imbonitori, i politici incapaci, i venduti, i viscidi, gli approfittatori, i concussori, gli sciacalli, gli ipocriti, le multinazionali ingorde. Non è lei la causa di tutto questo, ma l'ignavia di una politica imbelle.

Io voto no, perché Calamandrei diceva che la Costituzione non è una cosa morta, ma un testamento, il testamento di 100.000 partigiani morti per cercare di risollevare la dignità della nostra Patria.E' una eredità, un valore che non deve necessariamente rimanere intoccato, ma non deve nemmeno essere lordato e dilapidato da chi non ci rappresenta e non ha ricevuto nessun mandato per modificarla.

Io voto no, perche questa Costituzione, nata come reazione a venti anni di fascismo, ci ha protetto da venti anni di berlusconismo e, adesso che tocca a me difenderla dalle vendette di quegli individui, non posso tirarmi indietro.

Io voto no, perché voglio difendere questa Costituzione.

16 novembre 2016

Il Saltarello di Antonio


I primi raggi di sole di quella pungente mattina di Novembre fendevano come spade di luce la facciata della cattedrale di Sant'Emidio ad Ascoli, illuminandola di luce argentea.
Antonio la riconobbe dal fondo della piazza e, sebbene i suoi occhi gli permettessero ormai di vederla soltanto come un riverbero sfocato su uno sfondo scuro, si diresse senza esitazione verso il portone di ingresso, curvo sotto il peso degli anni, sorretto soltanto dal suo bastone, che si era preparato tanti anni prima quando, verdi di età lui ed il bastone, lo aveva ricavato da un grande faggio che aveva tagliato quando faceva il boscaiolo, pensando previdentemente che un giorno gli sarebbe tornato utile.
Quel giorno era ormai arrivato ed ora Antonio, sostenendo con esso il peso dei suoi 88 anni, dopo essere partito all'alba dal suo paesino sulle montagne di Amatrice, uno dei tanti splendidi borghi incastonati fra i boschi, era giunto in corriera fino ad Ascoli, perché sentiva di avere qualcosa da dire a qualcuno.

Entrò nella cattedrale, fermandosi a metà della navata centrale dove, sul lato destro, si trovava la statua di Sant'Emidio, seduto sul suo trono dorato. Antonio conosceva bene la storia di Sant'Emidio o Santo Middio, come lo chiamavano le popolazioni locali. Emidio era ancora un ragazzo quando i suoi lo portarono con forza all'interno di un tempio pagano, per fargli rinnegare la sua fede cristiana, ma un terremoto improvviso distrusse il tempio. E ancora nel 300, quando Emidio, fresco della nomina a vescovo di Ascoli, appena arrivato toccò le mura della città e subito dopo un terremoto distrusse tutti i templi pagani, lasciando però salvo il resto dell'abitato. E poi, nel 1703 un'altro devastante sisma aveva sconvolto tutta la regione, lasciando però intatta Ascoli, si dice protetta dal suo patrono. Così Emidio, Santo Middio, SantEmiddiu, comunque lo si volesse declinare nei diversi dialetti, fu proclamato dalle popolazioni Santo protettore contro i terremoti.

Ora Antonio era lì, diritto in piedi davanti al Santo, impassibile, il volto asciutto segnato da profonde rughe scavate dal sole, dal freddo delle sue montagne e dal tempo. Le mani conservavano ancora buona parte della forza di un tempo e stringevano saldamente il bastone, al quale Antonio si appoggiava. Il suo cuore era malandato e la vista lo aveva tradito, ma la volontà era la stessa di una volta.
-Allora? Non hai niente da dire?- Esordì Antonio, rivolto al santo. - Che è successo? Eri distratto, avevi da fare? Certo, un santo importante come te sarà sicuramente pieno di impegni, vero? Riunioni con i tuoi colleghi, conferenze, magari un incontro col Capo, eh?-
Antonio era livido in volto, la voce tremante dalla rabbia. - E già, uno che ha fatto carriera come te non può continuare ad occuparsi dei poveracci come noi, cafoni di montagna. Adesso te ne vai in processione per le strade della tua città, portato a spalla da quei quattro boccaloni della Confraternita, pavoneggiandoti con la tua bella mozzetta rossa con le frange d'oro e il bordo di ermellino.-
Il vecchio si prese una pausa, cercando le parole giuste per esprimere i pensieri sui quali aveva rimuginato tutta la notte.
-Che fai, non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia? Eccoti qua, il grande protettore dai terremoti. Protettore di 'sto cazzo!-
-Mi spieghi che cosa ti aveva fatto tutta quella povera gente che è rimasta sotto le macerie? Forse non era venuta ad omaggiarti adeguatamente? Non erano venuti a baciarti il piede con quella bella scarpina rossa? Non so se te ne sei accorto, ma là fuori è tutto distrutto, le nostre case, i nostri paesi, le nostre vite.-

La voce di Antonio echeggiava sempre più forte all'interno della cattedrale.
- I nostri borghi! Erano la nostra sola consolazione, quando la sera dopo esserci fatto il mazzo nei boschi, o dietro alle pecore, quando dopo aver rimesso le vacche nelle stalle e fatto il formaggio, finalmente ci incontravamo fra paesani nelle strade per chiacchierare o nella piazza a ballare il saltarello.-
Lo sguardo di Antonio si perse per un attimo nel passato felice della sua giovinezza fatto di duro lavoro, ma anche di allegria, di amici, e di ragazze che se lo contendevano al ballo dietro le note delle ciaramelle di Raffone. Non si era mai sposato, non aveva mai voluto rinunciare alla sua libertà, ma non era mai stato da solo per tutti quegli anni.
-Non so se te ne sei accorto, se hai avuto il tempo di mettere il naso là fuori, ma adesso non c'è più niente, tutto distrutto, rovine su rovine, paesi ridotti ad una strisciata di macerie sul fianco di una collina. Non che a me faccia molta differenza, era ormai da tempo che ne riuscivo a vedere solo le sagome, e anche le case crollate ora posso solo immaginarmele, però mi rimarrà comunque il ricordo di questo dolore, per quel poco che mi rimane ancora da vivere, e so bene che morirò senza vedere rimarginate le ferite della mia terra.-

- Ma tu invece no! Continuerai ancora chissà per quanto ad usurpare il titolo di Santo Protettore! Che poi, sai una cosa? Io ancora non ho capito come hanno fatto ad eleggerti protettore se ovunque arrivavi tu, dopo cinque minuti arrivava un terremoto a distruggere tutto. Sai che c'è? A me non mi hai mai convinto, a me più che un protettore, mi sei sempre sembrato un porta-jella coi controcojoni!-
- Che fai, nemmeno mi guardi in faccia quando ti parlo? Si, lo so che te ne freghi di quello che ti dico, che tanto poi la gente dimentica tutto e tu ritorni ad essere spupazzato in processione come prima, ma ti devo dire ancora una cosa. Io oggi so' venuto qua non solo per dirtene quattro, no, non mi basta. Io so' venuto per un altro motivo!-

Antonio strinse gli occhi, cercando di delineare bene la sagoma della statua, poi afferrò il suo bastone di faggio, vecchio quasi come lui e come lui indurito dagli anni, lo alzò e lo roteò, come faceva da giovane con l'ascia quando colpiva con forza i tronchi degli alberi.
La gente sulla piazza della cattedrale non credette ai propri occhi quando vide quella scena.
La testa del santo che rotolava giù per i gradini del sagrato e un vecchio sulla soglia del portone, dritto e asciutto, che ballava il saltarello stringendo il suo bastone come una dama.



14 novembre 2016

21 giugno 2016

Citofoni senza nomi

Da: Il Sole 24Ore.it

Ericsson apre la mobilità, scatta l'agitazione a Pisa
La multinazionale svedese della telefonia Ericsson ha appena annunciato l'apertura di una procedura di mobilità per il licenziamento di 291 dipendenti in tutta Italia. La decisione colpisce anche il centro ricerca di Pisa: nove esuberi e 26 trasferimenti obbligatori dal primo gennaio a Genova sul totale di 49 dipendenti (più quattro contratti a termine in scadenza)


Dedicato a chi non è, e non sarà mai, un citofono senza nome...