16 novembre 2016

Il Saltarello di Antonio


I primi raggi di sole di quella pungente mattina di Novembre fendevano come spade di luce la facciata della cattedrale di Sant'Emidio ad Ascoli, illuminandola di luce argentea.
Antonio la riconobbe dal fondo della piazza e, sebbene i suoi occhi gli permettessero ormai di vederla soltanto come un riverbero sfocato su uno sfondo scuro, si diresse senza esitazione verso il portone di ingresso, curvo sotto il peso degli anni, sorretto soltanto dal suo bastone, che si era preparato tanti anni prima quando, verdi di età lui ed il bastone, lo aveva ricavato da un grande faggio che aveva tagliato quando faceva il boscaiolo, pensando previdentemente che un giorno gli sarebbe tornato utile.
Quel giorno era ormai arrivato ed ora Antonio, sostenendo con esso il peso dei suoi 88 anni, dopo essere partito all'alba dal suo paesino sulle montagne di Amatrice, uno dei tanti splendidi borghi incastonati fra i boschi, era giunto in corriera fino ad Ascoli, perché sentiva di avere qualcosa da dire a qualcuno.

Entrò nella cattedrale, fermandosi a metà della navata centrale dove, sul lato destro, si trovava la statua di Sant'Emidio, seduto sul suo trono dorato. Antonio conosceva bene la storia di Sant'Emidio o Santo Middio, come lo chiamavano le popolazioni locali. Emidio era ancora un ragazzo quando i suoi lo portarono con forza all'interno di un tempio pagano, per fargli rinnegare la sua fede cristiana, ma un terremoto improvviso distrusse il tempio. E ancora nel 300, quando Emidio, fresco della nomina a vescovo di Ascoli, appena arrivato toccò le mura della città e subito dopo un terremoto distrusse tutti i templi pagani, lasciando però salvo il resto dell'abitato. E poi, nel 1703 un'altro devastante sisma aveva sconvolto tutta la regione, lasciando però intatta Ascoli, si dice protetta dal suo patrono. Così Emidio, Santo Middio, SantEmiddiu, comunque lo si volesse declinare nei diversi dialetti, fu proclamato dalle popolazioni Santo protettore contro i terremoti.

Ora Antonio era lì, diritto in piedi davanti al Santo, impassibile, il volto asciutto segnato da profonde rughe scavate dal sole, dal freddo delle sue montagne e dal tempo. Le mani conservavano ancora buona parte della forza di un tempo e stringevano saldamente il bastone, al quale Antonio si appoggiava. Il suo cuore era malandato e la vista lo aveva tradito, ma la volontà era la stessa di una volta.
-Allora? Non hai niente da dire?- Esordì Antonio, rivolto al santo. - Che è successo? Eri distratto, avevi da fare? Certo, un santo importante come te sarà sicuramente pieno di impegni, vero? Riunioni con i tuoi colleghi, conferenze, magari un incontro col Capo, eh?-
Antonio era livido in volto, la voce tremante dalla rabbia. - E già, uno che ha fatto carriera come te non può continuare ad occuparsi dei poveracci come noi, cafoni di montagna. Adesso te ne vai in processione per le strade della tua città, portato a spalla da quei quattro boccaloni della Confraternita, pavoneggiandoti con la tua bella mozzetta rossa con le frange d'oro e il bordo di ermellino.-
Il vecchio si prese una pausa, cercando le parole giuste per esprimere i pensieri sui quali aveva rimuginato tutta la notte.
-Che fai, non hai nemmeno il coraggio di guardarmi in faccia? Eccoti qua, il grande protettore dai terremoti. Protettore di 'sto cazzo!-
-Mi spieghi che cosa ti aveva fatto tutta quella povera gente che è rimasta sotto le macerie? Forse non era venuta ad omaggiarti adeguatamente? Non erano venuti a baciarti il piede con quella bella scarpina rossa? Non so se te ne sei accorto, ma là fuori è tutto distrutto, le nostre case, i nostri paesi, le nostre vite.-

La voce di Antonio echeggiava sempre più forte all'interno della cattedrale.
- I nostri borghi! Erano la nostra sola consolazione, quando la sera dopo esserci fatto il mazzo nei boschi, o dietro alle pecore, quando dopo aver rimesso le vacche nelle stalle e fatto il formaggio, finalmente ci incontravamo fra paesani nelle strade per chiacchierare o nella piazza a ballare il saltarello.-
Lo sguardo di Antonio si perse per un attimo nel passato felice della sua giovinezza fatto di duro lavoro, ma anche di allegria, di amici, e di ragazze che se lo contendevano al ballo dietro le note delle ciaramelle di Raffone. Non si era mai sposato, non aveva mai voluto rinunciare alla sua libertà, ma non era mai stato da solo per tutti quegli anni.
-Non so se te ne sei accorto, se hai avuto il tempo di mettere il naso là fuori, ma adesso non c'è più niente, tutto distrutto, rovine su rovine, paesi ridotti ad una strisciata di macerie sul fianco di una collina. Non che a me faccia molta differenza, era ormai da tempo che ne riuscivo a vedere solo le sagome, e anche le case crollate ora posso solo immaginarmele, però mi rimarrà comunque il ricordo di questo dolore, per quel poco che mi rimane ancora da vivere, e so bene che morirò senza vedere rimarginate le ferite della mia terra.-

- Ma tu invece no! Continuerai ancora chissà per quanto ad usurpare il titolo di Santo Protettore! Che poi, sai una cosa? Io ancora non ho capito come hanno fatto ad eleggerti protettore se ovunque arrivavi tu, dopo cinque minuti arrivava un terremoto a distruggere tutto. Sai che c'è? A me non mi hai mai convinto, a me più che un protettore, mi sei sempre sembrato un porta-jella coi controcojoni!-
- Che fai, nemmeno mi guardi in faccia quando ti parlo? Si, lo so che te ne freghi di quello che ti dico, che tanto poi la gente dimentica tutto e tu ritorni ad essere spupazzato in processione come prima, ma ti devo dire ancora una cosa. Io oggi so' venuto qua non solo per dirtene quattro, no, non mi basta. Io so' venuto per un altro motivo!-

Antonio strinse gli occhi, cercando di delineare bene la sagoma della statua, poi afferrò il suo bastone di faggio, vecchio quasi come lui e come lui indurito dagli anni, lo alzò e lo roteò, come faceva da giovane con l'ascia quando colpiva con forza i tronchi degli alberi.
La gente sulla piazza della cattedrale non credette ai propri occhi quando vide quella scena.
La testa del santo che rotolava giù per i gradini del sagrato e un vecchio sulla soglia del portone, dritto e asciutto, che ballava il saltarello stringendo il suo bastone come una dama.



14 novembre 2016